Le convocazioni dei tavoli di confronto tra OO.SS. e la struttura delle Relazioni Sindacali del Dipartimento della Funzione Pubblica inerenti il rinnovo del contratto di lavoro per il personale del comparto difesa e sicurezza – triennio 2022/2024 – continuano a non produrre nulla di positivo, attesi gli interessi contrastanti che sono sul tavolo, dovuti alla netta distanza emersa tra le numerose ed esose richieste presentate dalle sigle e le reali possibilità della Funzione Pubblica e, quindi, del Governo di poter corrispondere ad esse, che seppur fondate e comuni a tutti risultano intempestive ed inattuabili in questa fase.
Abbiamo assistito, peraltro – subito dopo le prime riunioni del comparto, che invece avrebbero dovuto costituire una rinnovata fase di contrattazione, connotata da uno straordinario potere contrattuale e di rivendicazione, da una nuova energia e maggiore aggregazione sindacale, nonché con una strategia comune e condivisa (in diversi, invece, hanno dimenticato l’antico adagio che recita: da soli si va più veloci ma insieme si va più lontani) – alla separazione dei tavoli di contrattazione, chiesta a gran voce e con determinazione dalle OO.SS. delle Forze di Polizia ad Ordinamento civile, che si sono rese subito conto di trovarsi in un nuovo contesto sindacale poco eterogeneo, estremamente difficoltoso e con scarse possibilità di trovare punti d’incontro comuni, attese le diverse strategie politiche poste in essere, le richieste intempestive, esorbitanti e formulate in fasi politiche ed economiche non coerenti e inattuabili rispetto alle reali possibilità di ottenere risposte concrete.
Oggi, nessuno me ne voglia, si stanno replicando, infruttuosamente, gli stessi percorsi già fatti a partire da vent’anni fa dai COCER e con essi dando vita, di nuovo, anche ai fisiologici errori connessi, dettati probabilmente dall’esigenza di fare scelte e minacciare azioni per fare tessere e cercare di affermare il proprio ruolo in un processo sindacale che si sta rivelando difficilissimo ed estremamente lento e complesso.
Purtroppo, l’esigenza reale non é questa ma quella di creare una vera cultura sindacale tra il personale, atteso che oggi é completamente assente e testimoniata dal numero irrisorio di colleghi che si sono tesserati rispetto alla forza effettiva di ogni Corpo.
Chi ha avuto la fortuna o il privilegio di aver partecipato a diversi contratti di lavoro nel corso degli anni trascorsi avrebbe dovuto imparare bene, sulla propria pelle, dinamiche, tempistiche e scenari, chi invece non ha avuto questo privilegio avrebbe dovuto ascoltare e farsi guidare, invece tutto il background esperienziale accumulato sembra essersi sciolto come la neve al sole, oppure c’é da ipotizzare che scelte pensate come strategiche o che avrebbero permesso di “marcare” il territorio per esercitare il proprio potere contrattuale si stiano rivelando improduttive e forse anche rischiose, proprio perché potenzialmente capaci semplicemente di illudere il personale su temi molto importanti e sensibili e, quindi, allontanarlo ancora di più dal fondamentale processo di crescita sindacale in atto nel momento in cui si prenderà atto che le tanto decantate piattaforme contrattuali con una miriade di richieste si riveleranno non ricevibili perché non soddisfabili economicamente.
Su certi tavoli di confronto si portano due/tre questioni al massimo, che preferibilmente hai rivendicato già informalmente con le Amministrazioni e concordato la loro attuabilità con chi deve decidere e non certo la lista dei sogni.
Traducendo il pensiero del personale rappresentato, quindi, potremmo trovarci dinanzi a ragionamenti di questo tipo: se oggi tu sindacato militare hai strillato ai quattro venti, rivendicato anche giuste esigenze e minacciato azioni ma non hai portato a casa nulla, a cosa servi? Cosa é cambiato rispetto a prima? Qual é il valore aggiunto?
Non mi stancherò mai di ripetere, pertanto, che la battaglia storica attesa da anni e finalizzata a far rivalutare in modo significativo retribuzioni e riqualificare le condizioni di lavoro del personale del comparto, non può trovare la sua concretizzazione in questo contratto di lavoro, per il quale, a suo tempo, sono state stanziate, con gli strumenti legislativi di natura economica previsti per la gestione del bilancio pubblico, le risorse in base alle procedure negoziali ed economiche previste per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici.
Storicamente, infatti, le risorse per il rinnovo dei contratti di lavoro del Pubblico Impiego ( soggetti a precise procedure di adeguamento, che sono ben definite in base al tasso d’inflazione IPCA , al quale siamo agganciati a doppio filo e, quindi anche per il contratto del comparto sicurezza, difesa e del soccorso pubblico (oltre alle poche risorse aggiuntive che sono destinate al comparto in ossequio alla specificità di status e d’impiego) vengono stanziate con la legge di bilancio a seguito di procedure di illustrazione e di confronto tra il Governo e le OO.SS. Confederali e, talvolta, anche con le OO.SS. di Polizia ad Ordinamento civile e dei COCER (oggi OO.SS. Militari).
Le risorse stanziate a suo tempo con la legge di bilancio consentiranno aumenti medi di circa 100 euro netti pro-capite e grazie al decreto legge anticipi hanno portato nelle tasche del personale buona parte degli arretrati nel mese di dicembre scorso grazie ad una procedura di valorizzazione-anticipo della vacanza contrattuale.
Nessuno può, ovviamente, affermare che si tratti di un ottimo contratto, atteso che non ci sono le risorse adeguate per aumentare contemporaneamente, in modo significativo, sia la parte fissa degli stipendi sia quella accessoria, ma non bisogna dimenticare che questo é il trend insuperabile che ha caratterizzato i contratti degli ultimi dieci anni e che sono risultati, più o meno, in linea con quello in discussione.
Purtroppo, nonostante la buona volontà e l’illusoria azione che in tanti cercano di mettere in atto, ulteriori e importanti risorse non potranno essere assegnate, confermando, ancora una volta, che le battaglie vanno preparate nei momenti giusti, per tempo e soprattutto con una coalizione sindacale importante di sigle civili e militari che finalmente possa mettere in atto una fase connotata da giuste rivendicazioni, anche mediante manifestazioni unitarie di piazza, al fine di dare finalmente reale valore aggiunto e dignità sociale ed economica al lavoro degli operatori di Polizia, della difesa e del soccorso pubblico.
In questa pseudo e tanta decantata battaglia connotata da questi presupposti, la maggior parte delle OO.SS. delle Polizie civili non stanno partecipando, poiché stanno viaggiando in un’ altra direzione che va verso la sottoscrizione celere del contratto, per mettere nelle tasche del personale prima possibile le risorse disponibili ed e probabilmente gettare le basi politiche e relazionali per lavorare su altri tavoli di confronto che guardano al altre partite da giocare.
Il mondo militare ha aspettato e combattuto nelle sedi politiche e giudiziarie per più di quarantacinque anni al fine di ottenere la libertà sindacale (da quando fu conquistato il diritto del personale militare ad avere una forma di rappresentanza che potesse dare voce al personale, concretizzatasi con la legge 382/78 che diede vita ai Consigli della Rappresentanza Militare) ma al momento di giocarsi la partita più importante, anche a causa dell’indifferenza generalizzata del personale e del delirio di onnipotenza che ha colpito diversi attori del processo sindacale in atto, é stato permesso a classe politica e dirigenziale di storpiare e rendere monca una legge sindacale che avrebbe dovuto permettere di avere strumenti democratici di tutela adeguati ed efficaci.
Oggi, in tanti vivono il dolce risveglio e, giorno dopo giorno, si accorgono di aver subito, più o meno impassibili, le scelte unilaterali imposte dall’alto e che continuano ogni giorno ad arrecare, in modo incontrastato, danni irreparabili alla funzionalità ed all’efficienza del sistema sindacale militare.
Il mondo militare non ha certamente bisogno di un modello sindacale farlocco creato ad arte per soddisfare meri requisiti costituzionali e dare una certa parvenza che lasci intendere che il personale é rappresentato e tutelato adeguatamente anche nella convinzione che tanto, a prescindere da come vada, ci sono comunque le Amministrazioni a prendersi cura degli interessi del personale.
In altre parole, senza l’unione con le Organizzazioni Sindacali delle Polizie Civili e senza che le sigli militari facciano finalmente vedere, a classe politica e dirigente, di cosa sono realmente capaci, il tutto si tradurrà in una guerra tra poveri e il fronte sindacale del comparto difesa, sicurezza e del soccorso pubblico, così frammentato e diviso, sarà estremamente più debole e, probabilmente, ancora una volta troverà spazio il noto motto divide et impera.
*Segretario Generale SIAF – Sindacato Italiano Autonomo Finanzieri